Seconda giornata del corso di formazione “Non è un gioco”
22 Aprile 2015
La seconda giornata del Corso di formazione “Non è un gioco” ha affrontato la problematica del “Perché si gioca?” e la Dott.ssa Cocci, Psicologa Resp. gruppo GAND, che ha tenuto la lezione, ha cercato di fornirci una spiegazione valida per la maggior parte dei giocatori.
Secondo la Dott.ssa sono i sintomi, cioè le pratiche pulsionali volte solo al godimento, che spingono una persona a giocare d’azzardo. Questi sintomi attraversano 4 ambiti:
– individuale (quindi la propria personalità)
– gruppale (come la famiglia o gli amici)
– istituzionale (scuole, servizi sanitari)
– comunità locale (atti che vanno a incidere sulla comunità in generale)
Il giocatore “patologico”, a differenza di quello “sociale” che gioca per divertirsi, trascorre sempre più tempo a giocare e si diverte meno, si isola, è irrequieto e irritabile, non riesce a smettere, inventa bugie per andare a giocare e spende sempre più denaro.
Tutto ciò provoca danni economici, motivo principale per cui si inizia a giocare, si continua e infine ci si rivolge ai Servizi disperati e con debiti. Provoca danni nelle relazioni con gli altri e con se stessi, il giocatore perde la fiducia in se stesso e si estranea dagli altri. Infine provoca danni alla collettività, alla famiglia, al lavoro fino a sconfinare talvolta nell’illegalità portando il giocatore a commettere reati.
Anche se il gioco provoca così tanti danni, il giocatore “patologico” non può smettere semplicemente perché tra lui e la macchinetta si crea un legame affettivo e molti sentimenti di rabbia o delusione vengono trasferiti su di essa.
La Dott.ssa Cocci infine ha spiegato che all’interno di ognuno di noi c’è una “ambivalenza”, cioè sentimenti di natura opposta che entrano in conflitto e possono portare a disagi psichici. Il giocatore patologico continua a giocare proprio perché trasferisce sulla macchinetta alcune di queste emozioni, quando in realtà dovrebbe semplicemente accettarle.